Bibi Andersson si è spenta all’età di 83 anni, domenica sera. L’attrice divenne nota al pubblico grazie alle numerose interpretazione nei film di Ingmar Bergman. Inizia la sua carriera giovanissima: con movenze eleganti e magnetiche si sposterà davanti ad una macchina da presa. Era il 1966 quando, nelle vesti di un’infermiera, raggiungerà gloria e notorietà al fianco di Liv Ulmann. Un’infermiera e un’attrice, una il riflesso illusorio dell’altra. L’una vorrebbe essere l’altra, diventare fisicamente e mentalmente l’altra per poi lasciar scomparire sè stessa. Era il 1966, quando Persona, film di Bergman, aprì una finestra sul mondo a questa giovane attrice.
La Andersson rappresenta una delle maschere naturalistiche del cinema svedese. Le sue performance ( si ricordi Sorrisi di una notte d’estate, Il settimo sigillo, Il posto delle fragole) hanno saputo declinare l’aspetto più crudo della vita. Con le sue performance è riuscita a calarsi nei meandri dell’animo umano, negli angoli più oscuri della psiche; con le sue performance è riuscita ad impersonare la paura, l’artificio della maschera e la disperazione come malattia che fa vivere la morta senza concedere la morte, con un’intensità che fa rabbrividire.
La sua carriera continua a dividersi tra cinema e teatro, lavorando al fianco di registi europei e americani: Sordi, Vancini, Borgi, Bellocchio, Huston e Altman. Insomma una vita fatta di successo e riconoscimenti. Poi la malattia nel 2009, un ictus che tra le diverse complicanze le aveva tolto l’uso della parola, quell’ afasia che caratterizzava il tema dominante del dramma esistenziale che le aveva donato successo, Persona.
Bibi Andersonn è stata vera e pura luce che ha illuminato il cinema di fine anni ’50. Ci ha regalato emozioni e anche un po’ di nostalgia-una nostalgia di un cinema che non può tornare.
https://www.youtube.com/watch?v=zKsaHJBn8Pc
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